Tra disordine, sporcizia e accesi scambi verbali, ogni volta
è un vero carnaio. I residenti si lamentano per l’invasione di auto e furgoni tutto
intorno ma non solo: vorrebbero più controlli. Fuori i venditori della domenica fanno a gara per accaparrarsi un pezzo di marciapiedi. Dentro in esposizione anche oggetti e indumenti nuovi,
nonostante il regolamento preveda solo la vendita dell’usato
È una Cafarnao il suk, la domenica mattina. Nell’area dell’ex
scalo Vanchiglia, lungo corso Novara poco lontano dal cimitero Parco, ai 500
venditori occasionali si aggiunge ogni volta la grande folla di curiosi soprattutto
e di persone che sono qui per fare acquisti. Unico requisito richiesto a chi entra
come operatore: possedere qualcosa da vendere, merce che non sia nuova, s’intende.
Perché, nella nostra lingua, questo di fatto dovrebbe essere (il condizionale è
obbligatorio) il classico mercato delle pulci o del libero scambio che dir si
voglia. Solo roba usata. Niente scontrino fiscale dunque. E per vendere non occorre
essere in possesso della licenza commerciale. C’è posto per tutti, insomma,
anche per il giornalista che sia a spasso da tanti mesi. Già, ma il gioco vale davvero
la candela?

Il disoccupato di nazionalità italiana, senza lavoro da
quasi cinque anni, sul telo ha tante carabattole e qualche rarità. Lui punta
soprattutto sui ricambi per cellulari di vecchia generazione. Quanto guadagna a
fine giornata, tenuto conto che all’ingresso ha dovuto versare dieci euro? “Quindici,
venti euro, se tutto va bene” dice sconfortato e poi aggiunge “Sempre meglio
che andare a rubare”. Verissimo, con la speranza che, nei suppergiù 10mila metri
quadrati di esposizione, di rubato non ci sia neanche un bottone. “Qui vengono
a vendere quelli che ripuliscono le cantine” ci spiega il connazionale rimasto
fuori per non pagare il plateatico. Nessun problema, ovvio, quando il
proprietario della cantina in questione è consenziente. Altri invece la merce
se la procurano andando a rovistare nei cassonetti dell’immondizia. Non sarà igienico
ma la legge non lo vieta. In verità, di feramiù in senso stretto ne sono rimasti
proprio pochi. Come pochi sono quelli che, attratti dalle merci, mettono mano
al portafoglio per fare un acquisto.

Mucchi di vestiti usati al suolo, ma chi li può volere? Nel
negozio dei cinesi all’angolo una maglia nuova costa dai 5 ai 12 euro. Sui teli
c’è di tutto: scarpe, indumenti, abat-jour, batterie per cellulari, auricolari,
ferri da stiro, rubinetteria, pentole, posate, bicilette, occhiali da sole,
orologi, bambole, giocattoli, dvd, libri. Tra gli infuocati “Sonetti lussuriosi
e i dubbi amorosi” di Pietro Aretino e i buoni sentimenti del romanzo “Cuore”
di Edmondo De Amicis, gli appassionati di letteratura non hanno che da
sbizzarrirsi. L’elenco sarebbe troppo lungo ma c’è davvero di tutto perché non
mancano nemmeno i prodotti imballati: le pentole chiuse nel nylon, la
caffettiera, il microonde, i set di coltelli colorati. E poi le Diadora, le
Nike e le Adidas in stock. Che siano finte griffe? Forse sì, in ogni caso sono nuove.
Come i jeans, le cinture e i portafogli con tanto di etichetta attaccata.
Una signora scatta una foto e subito volano le parole. Il
marocchino che vende un mix di roba, non tutta usata, l’accusa di avere ripreso
un minorenne. “Sei una pedofila – urla -. Cancella subito”. La foto in realtà,
del bambino, a malapena ritrae le scarpe. Commenta un visitatore: “Non vogliono
che le immagini documentino che cosa si vende qui perché il suk non è esattamente
il regno dei rigattieri”.
Firestone, Kleber, Dunlop, la scorta di gomme raccoglie le
migliori marche. Il battistrada delle quattro Continental del 2013 185/55R15 è
evidentemente in buono stato. “Quanto costano?” chiede un signore all’uomo di
colore. “140 euro” risponde lui. Mancano soltanto i cerchioni che però si
possono rimediare dall'espositore accanto. Lui sì che ne possiede una bella
collezione come pure di coppe, molto ambite, si sa, perché capita spesso che le
auto, in città, al mattino si risveglino senza, se non addirittura sospese sui
mattoni al posto degli pneumatici.
Passa il carretto che vende bevande, quelle calde sono contenute
in grossi thermos un po’ ingialliti dal tempo e dall’usura. Più in là su una
griglia stanno cucinando le carni e gli spiedini per chi voglia consumare un
pasto al volo mentre le lancette si avvicinano al mezzogiorno. Questo è il
settore alimentare che, in mezzo a tanta sporcizia, non brilla di certo per
pulizia come accade invece nelle gastronomie accanto alle piazze auliche del
centro. Il banco ospita forme di pane (arabo perlopiù), latte, bottiglie di simil
Coca Cola, cibi sfusi dolci e salati senza imballaggi. Una focaccia non confezionata
cade al suolo, la donna, pronta ad accogliere gli avventori, la recupera con
disinvoltura per sistemarla subito accanto agli altri alimenti in vendita. Inutile
parlare di etichettatura e tracciabilità dei prodotti, qui la questione è
piuttosto di mancato rispetto delle norme igienico-sanitario.

Fuori dall’area, degradata e in attesa di qualche intervento
di riqualificazione, la guerra dei poveri continua. Chi non ha 10 euro in tasca
per poter esporre la propria merce si fa largo a gomitate per ottenere un
piccolo angolo di marciapiedi. Qualcuno la merce ce l’ha nel bagagliaio dell’auto.
Già, perché nella Cafarnao sono compresi pure furgoncini e automobili che invadono
da ore il corso Novara e le vie limitrofe. Il brulichio per strada inizia già
alle due di notte: prima si arriva, va da sé, prima ci si sistema in attesa
dell’apertura alle 6 in teoria ma già alle 5,30 in pratica.
E tutto accade sotto gli occhi della Polizia municipale,
nonostante i divieti parlino chiaro: ok al libero scambio ma solo nello spazio recintato.
“Li abbiamo mandati via diverse volte però poi loro ritornano” dice il vigile
che sta salendo sull’auto di servizio pronta ad andarsene mentre si avvicina l’ora
del pranzo. D’altra parte, come recita il bando, dentro il suk (ma qui siamo
fuori) la vigilanza e la sorveglianza spettano alla Cooperativa che di gatte da
pelare ne ha davvero tante. Sì, perché la gestione, è scritto nero su bianco, prevede
tra l’altro: la pulizia dell’area e la raccolta dei rifiuti, la segnalazione dei
comportamenti non conformi alle norme vigenti, la tenuta del registro dei partecipanti
e la distribuzione del tesserino con foto dell’operatore e inoltre la
rendicontazione mensile delle attività svolte. Mica facile tenerli a bada tutti
e 500, tra marocchini (soprattutto), neri, zingari e italiani (pochi). Un popolo
di senzalavoro che per portare a casa qualche spicciolo farebbe qualsiasi cosa.
Questa è la legge del suk.